Cade una piuma

Un uccello vola, cade una piuma.

Evento, la bilancia dell’universo si inclina.

Un pesce continua a nuotare, l’acqua si increspa,

cos’è ora l’equilibrio del mondo?

La scala è sulla bilancia, non sul mondo,

la domanda si moltiplica.

Ognuno è se stesso prima di pensare.

Ma, e poi?

Le poesie non devono avere punti interrogativi,

devono domare la follia,

non negarla,

devono evocare la loro forma da pensieri vuoti,

fino a convertire in essi

-Cees Nooteboom-

Ieri nella pagina dei ricordi del mio profilo facebook ho trovato questa bellissima poesia di Cees Nooteboom che postai il 2 aprile del 2020, a pochi mesi dall’inizio della pandemia.

In quel periodo avevo smesso di lavorare in studio e vedevo i pazienti solo on line.

Con alcuni mi era già capitato di fare sedute on line, ma di solito alternavamo.

Per me fu un periodo di difficile riadattamento sia professionale che personale.

E’ passato un anno da quel nuovo inizio.

“Cos’è ora l’equilibrio del mondo?”

“Un pesce continua a nuotare, l’acqua si increspa”.

Ho ripreso a lavorare in studio.

Ci sono pazienti che ho conosciuto in quest’ultimo anno e di cui non ho mai visto la bocca e il mento.

Durante questo tempo strano ho preso maggiore consapevolezza di come noi umani siamo fatti e di quanti modi sappiamo trovare per comunicare.

Siamo fatti di alcune parti che si conoscono bene tra loro, di altre che non si conoscono neanche un pò;

quelle più estrose si espongono, le più timide tendono a nascondersi;

a volte riescono nell’intento di non lasciarsi guardare.

Abbiamo occhi, braccia e mani, piedi, gomiti e ginocchia, unghie lunghe, corte, colorate o mangiucchiate.

Mi piace molto osservare il linguaggio delle nostre mani.

Ieri ho visto una mamma che si lamentava con la figlia perché porta unghie troppo lunghe, temeva che alcuni potessero trovarle esagerate. Poi si è tranquillizzata all’idea che quella potesse essere semplicemente una modalità espressiva per la ragazza. Le sue unghie hanno la punta affilata, quelle della figlia squadrata. Durante la seduta erano vicine le une alle altre, sembravano intente a comunicare tra loro, mentre noi eravamo distratte.

Una ragazza molto carina qualche giorno fa mi ha chiesto di aiutarla a smettere di succhiarsi le dita che ha usato come calmanti da quando è nata;

ha deciso di smettere nel giro di un’unica seduta.

C’è riuscita: era molto motivata.

Ora, durante il sonno, abbraccia il suo albero.

Stamattina mi sono fermata a osservare le mie mani.

Qualcuno, molto tempo fa, mi disse che le mie mani sono molto simili a quelle di mio padre.

Il paragone, all’epoca, mi sembrò bizzarro.

Ora quel pensiero mi rilassa.

Da bambina mi mangiavo le unghie.

Poi decisi di smettere e iniziai a strapparmi la pellicina che le circondava. Mi sembrò un passo avanti. Quella seconda fase che avevo strategicamente organizzato durò abbastanza. Da grande cercai di sbarazzarmi di questa brutta abitudine ricorrendo all’ipnosi. L’immagine che mi è rimasta di quell’induzione riguarda un prato verde e pecore bianche che brucano l’erba. Sono riuscita a smettere di torturare le mie dita ma, quando la mia mente sente il bisogno di farmi capire che sono troppo stressata, capita che lo rifaccio.

Il mio sintomo ormai è diventato un campanello d’allarme che suona per uno o due giorni, finché non mi decido ad ascoltarlo.

E’ un tempo circoscritto che assomiglia a un recinto in un prato.

Lunedì ho finito la terapia con una ragazza che ho iniziato a vedere durante la pandemia.

Nel salutarci ci siamo dette che sarà difficile riconoscerci per strada in futuro,

quando non dovremo più indossare le mascherine.

Ho trattenuto a stento le lacrime.

Dopo che è andata via dalla stanza ho controllato il suo profilo watsapp, sperando avesse postato una foto di sé.

Vedere la sua immagine intera mi ha tranquillizzato.

La riconoscerò, mi sono detta.

“Le poesie non devono avere punti interrogativi,

devono domare la follia,

non negarla,

devono evocare la loro forma da pensieri vuoti,

fino a convertire in essi”.

Buona Pasqua..

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