“Quello che volevo dire” continuò il Dodo ” è che la cosa migliore per asciugarsi sarebbe una corsa confusa”.
” Che cos’è una corsa confusa” , domandò Alice;
in realtà non aveva molta voglia di saperlo, ma dato che il Dodo aveva fatto una pausa, come se pensasse che qualcuno a questo punto dovesse chiedere spiegazioni, s’era fatta avanti. D’ altra parte non c’era nessun altro che avesse accennato a parlare. “Ecco”, disse il Dodo, ” la maniera migliore di spiegare che cos’è una corsa confusa è di farla”. ( Alice nel paese delle meraviglie; L. Carroll )
Norberto Bobbio descrive il mondo attraverso tre metafore:
1) la metafora della mosca nella bottiglia
2) la metafora del pesce nella rete
3) la metafora del labirinto.
La metafora della mosca dice che per una mosca incastrata dentro una bottiglia esiste una via d’uscita e che c’è uno spettatore che sa dove , questa uscita, si trovi e che svolge il compito di insegnare alla mosca a uscire dalla bottiglia.
La metafora del pesce nella rete descrive un pesce che si dibatte senza tregua per trovare una via d’uscita senza sapere che non esiste via d’uscita.
La terza metafora spiega che noi uomini non siamo nè mosche nella bottiglia e nè pesci nella rete. Bobbio ritiene che la metafora che meglio tra tutte descrive la condizione umana sia proprio la terza, quella del labirinto.
L’uomo è consapevole del fatto che esista una via d’uscita, ma non la conosce, non sa dove sia. Poiché non esiste nessuno che possa indicargliela, deve fare lo sforzo di cercarla da solo. Il labirinto non insegna dove si trovi la via d’uscita, ma quali sono le vie che non portano da nessuna parte.
I labirinti sono strutture antichissime che troviamo all’interno di numerosissime culture. Il primo labirinto venne scoperto nel 1888 e fu costruito dal faraone Amenemhet III per proteggere la propria tomba.
Un altro labirinto famoso è quello di Creta che, secondo la legenda, fu costruito da Dedalo ed era abitato dal Minotauro.
Esistono diversi tipi di labirinto, per esempio:
1) quello con un unico corridoio avvolto a spirale e privo di biforcazioni, all’interno del quale non ci si può perdere.
2) quello ad albero, costituito da più corridoi e in cui avviene l’incrocio tra vari rami e in cui L’esploratore si troverà ad esplorare varie ramificazioni , prima di incontrare l’unica via che conduce al centro.
3) quello a rizoma in cui i corridoi sono tutti collegati tra loro in una fitta rete di relazioni che costituiscono molteplici percorsi e contiene passaggi trasversali che collegano i vari rami. Dentro questo labirinto l’esploratore può facilmente perdersi e rimanere intrappolato.
Non esistono bussole che possano guidarci a trovare vie d’uscita dai labirinti. Ma esistono modi per orientarsi nella ricerca di una strada?
Il matematico W. R. Ball si occupò per primo di questo problema e concluse che , per trovare la via d’uscita, basta tenere una mano poggiata alla parete senza mai staccarla. Questa tecnica risulta valida in molteplici casi, ma esistono tipologie di labirinti a cui non può essere applicata. Un esempio è costituito dal Blenheim Palace progettato da A. Fisher, uno dei maggiori esperti al mondo nella costruzione di labirinti.
Ciò che più attira le persone non è tanto trovare vie di uscita, quanto vivere personalmente l’esperienza del labirinto, in maniera reale o virtuale. Molti di noi sono affascinato dalla bellezza di siepi e pareti che costituiscono i labirinti o da giochi virtuali come “Diablo 2”, all’interno del quale è stato inserito un generatore casuale di labirinti che, a ogni partita, genera percorsi nuovi.
I labirinti hanno una forte valenza simbolica.
In Norvegia, fino ai primi del 900′, i pescatori, prima di uscire in mare, camminavano lungo un labirinto immaginario con lo scopo di intrappolare i venti cattivi conducendoli nel centro.
I labirinti sono, da millenni, simbolo di meditazione e di viaggio interiore e trasmettono estrema curiosità per l’ignoto.
Numerosi studi mostrano come, quando siamo impegnati nell’esplorazione di un labirinto, si attivano nel nostro sistema cerebrale le “onde teta” che sono le stesse che compaiono quando gli animali eseguono compiti spaziali, motori e cognitivi ( M. J. Kahan ). Kahan ha scoperto che queste onde si muovono principalmente lungo l’ippocampo, zona addetta al movimento spaziale. Grazie a una ricerca da lui condotta ha evidenziato che le onde teta sono strettamente connesse a questo tipo di attività cerebrale e che hanno una frequenza maggiore quando i labirinti sono più complessi.
Mi piace concludere il pezzo con una bellissima frase di Tiziano Scarpa che, immagino, possa lasciare a ciascuno ampi spazi di ri flessione:
“Perché vuoi combattere contro il labirinto?
Assecondalo, per una volta.
Non preoccuparti, lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso,e non il percorso a farti scegliere le strade.
Impara a vagare, a vagabondare”.
( T. Scarpa ).
Dunque non temiamo: a volte vale la pena perdersi ❤️💙❤️
Bibliografia e sitografia:
Alice nel paese delle meraviglie , L. Carroll
http://www.mondieviaggi.eu/storie/adrian-fisher-il-cervello-dei-labirinti/
https://www.cinquecosebelle.it/cinque-famosi-labirinti/